06 maggio 2012

Il cervello piccolo delle donne

Quando si parla di leadership femminile, quasi inevitabilmente si cade in lunghe comparazioni fra competenze maschili e quelle femminili. Che è utile più o meno quanto dibattere sulle eventuali implicazioni del fatto che il cervello femminile pesa di meno, in media, di quello maschile - per poi scoprire che la differenza di peso non implica nulla ma rispecchia un pragmatismo della natura: un cervello che pesa meno riesce a stare più commodamente in un cranio più piccolo.
Questo ci viene ricordato da un articolo pubblicato sul Corriere della Sera che raccoglie le ultime conclusioni delle ricerche sul cervello: non esistono differenze sostanziali fra i sessi da questo punto di vista.
Certamente il corpo fisico manifesta differenze; certamente gli ormoni prodotti sono diversi. Ma è pericoloso trarre conclusioni in base ad evidenze solo circostanziali. Una volta qualcuno sosteneva che la pelle nera poteva essere associata a minor capacità cognitive rispetto alla pelle bianca. Oggi sappiamo, fra le altre cose, che il cervello ha "plasticità": anche un pò di meditazione (per non parlare dell'amministrazione di psicofarmaci) può alterare la struttura fisica del cervello.
E' sacrosanto celebrare la femminilità, focalizzandosi su differenze per evitare un'eventuale tendenza, nell'evoluzione storica, che la donna "diventi" uomo, ottenendo non solo liberazione e posizioni di leadership, ma il "peggio" delle caratteristiche maschili come l'aggressività o il dominio.
Perché allora non partiamo dal presupposto che le capacità sono individuali; che insegnare alle bambine di voler aspirare solo a diventare deboli principesse non è utile ne a loro ne alla società; che la buona leadership è composta da tante qualità sia "maschili" che "femminili"?
Ma soprattutto: vogliamo continuare a sottoutilizzare, come società, il 50% del pool di talento che abbiamo investito a creare (attraverso l'istruzione), lasciando che il resto del mondo occidentale diventi sempre più produttivo e ricco dell'Italia?
Ultimo punto: c'è chi teme che posti di lavoro e posizioni di leadership sono limitati, e che se "entrano" le donne, qualche maschio dovrà sacrificare il posto. I paurosi ci saranno sempre, ma mentre loro si agrappano ad un mondo vecchio di rigidità e sussidi, gli imprenditori dell'era digitale e globale vanno avanti, creano, costruiscono, assumono, e l'economia nella sua totalità cresce. Con una premessa però: che ci sia leadership capace. Di qualunque colore, statura, o genere.


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